Nel XIX secolo, in Inghilterra, negli
Stati Uniti e in Germania la ricerca e l’educazione
tecnico-scientifica hanno iniziato lentamente a prevalere su quella
umanistica. E tuttavia il modello humboldtiano sarebbe rimasto per
molto tempo l’ideale globale di università. Ancora negli anni
sessanta del Novecento, un rapporto indipendente avrebbe stabilito
come obiettivo del sistema universitario inglese “la promozione
delle funzioni generali della mente, per produrre non solo
specialisti, ma anche donne e uomini colti”. Questa idea di
università è stata ampiamente criticata, nel corso
dell’ultimo secolo, per la sua impostazione umanistica, rivolta
soprattutto alla tradizione e agli studi classici.
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domenica 22 dicembre 2013
mercoledì 4 dicembre 2013
OCSE-PISA: PRONTI, PARTENZA, VIA AI QUIZ A VITA
A cosa servono i test Ocse-Pisa? Il livello di «competitività» in matematica, nelle scienze e nella lettura, è sotto la media in Italia. il «Programma di valutazione internazionale degli studenti» rimanda il nostro paese che resta in bassa classifica. La spesa per l’istruzione procapite tagliata dell’8% dal 2001, ma le politiche neoliberali insistono sull’aziendalizzazione della scuola.
Quando in Italia si è iniziato a parlare dei test Pisa qualcuno deve avere pensato all'amata torre pendente, meta turistica nell'omonima città toscana. Nelle scuole dei 65 paesi Ocse non è più così da dieci anni, perché Pisa è il minaccioso acronimo del «Programma di valutazione internazionale degli studenti», il Programme for International Student Assessment. Nella neolingua di chi gestisce le politiche neoliberali dell'istruzione a livello internazionale, questo acronimo allude a uno studio triennale che valuta il livello acquisito dai liceali quindicenni nel campo della matematica, delle scienze e della capacità di lettura e comprensione di un testo. Su questa base vengono redatte le classifiche in base alle quali la governance misura il livello di «performatività» del sistema scolastico nell'economia globale della conoscenza. I test servono a «preparare la vita dei giovani che escono dalla scuola». In futuro serviranno a distribuire le risorse statali decrescenti alle scuole e alle regioni «virtuose» che praticano un'etica imprenditoriale e un modello competitivo dell’esistenza.
Quando in Italia si è iniziato a parlare dei test Pisa qualcuno deve avere pensato all'amata torre pendente, meta turistica nell'omonima città toscana. Nelle scuole dei 65 paesi Ocse non è più così da dieci anni, perché Pisa è il minaccioso acronimo del «Programma di valutazione internazionale degli studenti», il Programme for International Student Assessment. Nella neolingua di chi gestisce le politiche neoliberali dell'istruzione a livello internazionale, questo acronimo allude a uno studio triennale che valuta il livello acquisito dai liceali quindicenni nel campo della matematica, delle scienze e della capacità di lettura e comprensione di un testo. Su questa base vengono redatte le classifiche in base alle quali la governance misura il livello di «performatività» del sistema scolastico nell'economia globale della conoscenza. I test servono a «preparare la vita dei giovani che escono dalla scuola». In futuro serviranno a distribuire le risorse statali decrescenti alle scuole e alle regioni «virtuose» che praticano un'etica imprenditoriale e un modello competitivo dell’esistenza.
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